giovedì 27 agosto 2009

Buoni propositi - Insalata di pollo con peperoni e mandorle


Pollo peperoni e mandorle, inserito originariamente da la tartina.

Iperattiva e dalla spiccata vena creativa che poteva portare ad esiti più o meno felici, in quanto piccola tartina avevo mille progetti, mille idee per la mente, che poi risultavano difficili da concretizzare, mica tanto per l’astrusità del programma, quanto per la voglia di portarlo a termine che se ne andava scemando piano piano. Una volta, presa dall’entusiasmo che si scatenò in me non appena mia madre mi portò una vecchia macchina da scrivere reperita tra la polvere e le ragnatele della soffitta, ebbi la malsana idea di cominciare a scrivere un libro. La trama non era neanche male (due sorelle gemelle abili nel furto, era il tempo di Lisa&Seya), e la gioia di premere quei piccoli tasti coi polpastrelli producendo un rumore troppo da Jessica Fletcher era infinita. Terminato il primo capitolo, e accorgendomi di quanto fosse esasperante commettere anche un solo errore (ciò significava riscrivere tutta la pagina), abbandonai l’impresa. A questo tentativo seguì anche quello di scrivere la biografia della principessa Sissi; neanche a dirlo, franò miseramente, ma forse è un bene, vista la mole di materiale che è stata scritta e discussa su tale figura, sicuramente più approfondita e più ricercata del lavoro di una bambina di nove anni, che basava le sue conoscenze su un depliant che la sua amica le aveva portato da Vienna. Un’altra volta, anche piuttosto recente (quinta ginnasio, mi pare), cominciai a realizzare un fumetto, anzi un manga. Quando la professoressa chiedeva il tempo aoristo del verbo làmbano a qualcuno che non fosse me, tiravo fuori il quadernone blu di soppiatto e mi mettevo a disegnare. La mia cerchia di amiche (classe di sole donne, tranne un “maschio”) era entusiasta: leggevano, mi aiutavano con la sceneggiatura, si contendevano il quaderno. Ero diventata più seguita di Dawson’s Creek, viaggiavo sugli allori. Ovviamente, a poche pagine dalla fine, con l’arrivo dell’estate, abbandonai il tutto. E ancora, quest’estate, ho progettato una linea di t-shirt, e l’idea rimane non male, davvero. Già molti miei amici mi avevano assicurato che l’avrebbero comprata volentieri: loro sarebbero stati soddisfatti, io pure e ci avrei anche guadagnato qualcosa. E invece? Al primo stencil e al primo pennarello da stoffa, ho capito l’enormità del progetto. Come giustificazione posso addurre il fatto che ero in tempo di esami, ma anche quando ho finito, non ho avuto intenzione di rimettermi a lavorare sulla stoffa (la prima t-shirt giace sulle mensole di camera mia da giugno). Sono fatta così, è più forte di me: mille idee mi esplodono nella testa, inizio a coltivarle, ma poi si esauriscono in un lampo, così come sono nate. Non è che sono pigra, anzi. Ma ho questa propensione al cominciare a coltivare una passione e a non porre il cartello FINE. Quanti diari di viaggio cominciati, quanti Moleskine avviati e mai completati! Quando ho aperto il blog, oltre ad una buona dose di soddisfazione personale e a un “ci sono anch’io tra di voi!” che mi è esploso in testa, ho avvertito anche una strana sensazione di…paura. Sì, timore di abbandonare tutto alla prima difficoltà, o anche solo dopo un mese. La stessa vaga percezione di terrore l’ho provata ultimamente, quando, presa da mille impegni, volgevo un pensiero al mio piccolo Pappa e ciccia, senza un post ormai da molto tempo. Tuttavia oggi, armata di buona volontà, ho fatto un giro nella food-blogsfera, accorgendomi che forse questo è l’effetto dell’estate. Anche se è molto piacevole pubblicare ricette e scrivere post, rimane il fatto che è anche un bell’impegno, come un lavoro part-time. E che un po’ di vacanza ci vuole. E che quest’afa mi sta uccidendo, e mi sta togliendo la voglia e la forza di fare tutto. Dallo studiare al cucinare; dal fotografare al postare. Tra una settimana però è settembre: si riprende con la routine quotidiana, col solito tran-tran e con, promesso!, post più frequenti.

Per variare un po’ dal solito noiosissimo pollo alla piastra con limone, vi propongo questo piatto unico: un’insalata di pollo che può essere preparata anche il giorno prima, ovviamente conservandola nel frigorifero.


Insalata di pollo con peperoni alle mandorle

Ingredienti per 4 persone

700 g petto di pollo
un peperone rosso
un peperone giallo
un mazzetto di prezzemolo
60 g mandorle
2 cucchiai di senape
mezzo limone
olio extravergine di oliva
sale
pepe

Procedimento

Tagliare il petto di pollo a fettine; pulire i peperoni, privarli di torsolo e nervature e ridurli a striscioline. Cuocere carne e verdure su una piastra calda, 4-5 minuti per parte. Trasferire il pollo e i peperoni in una ciotola, aggiungere il prezzemolo tritato, una presa di sale e una macinata abbondante di pepe. Irrorare con un filo di olio, mescolare con cura e lasciare raffreddare. Versare il succo di limone in una ciotolina ed emulsionarlo con la senape e un paio di cucchiai di olio. Tagliare le mandorle a filetti o tritarle grossolanamente, e farle tostare in un padellino con un filo di olio. Versare la salsina alla senape sull’insalata ed amalgamare, completando poi con le mandorle tostate.

mercoledì 12 agosto 2009

Cercasi tartina disperatamente


Pasta piccantina con le briciole, inserito originariamente da la tartina.

Chi ha inventato il detto "niente nuove, buone nuove" secondo me non aveva considerato molti aspetti. Ad esempio, che fosse successo qualcosa di male: che so, il postino morso da un cane e la lettera perduta, oppure la linea telefonica guasta. Non è necessariamente detto che, se non si hanno notizie da qualcuno, è perché questo qualcuno ha raggiunto il nirvana, è felice e ha vinto la lotteria. Detto questo, non preoccupatevi. Non mi è successo niente, questi giorni di silenzio sono dovuti alla mancanza di tempo più che a qualcosa di grave o spiacevole (*tocca ferro). Sono in vacanza, cucino poco, fotografo poco e ho un sacco di cose da fare, anche se è un controsenso e dovrei essere in assoluto relax. Comunque, diciamo che in questo caso sta meglio il detto "Chi non muore si rivede". Pensate fosse facile liberarvi di me? eheh :)

La ricetta che vi propongo è tratta nuovamente da Sale&Pepe di questo mese, una pastasciutta facile e veloce, ma che appaga e dà gusto.

Pasta piccantina con le briciole

Ingredienti per 4 persone

320 g spaghetti
80 g olive nere denocciolate
30 g capperi
un peperoncino fresco
un mazzetto di prezzemolo
uno spicchio d'aglio
40 g di pane secco (il mio consiglio è quello di tagliare delle fette dal pane fresco e poi farle seccare, sarà più facile grattugiarle)
olio extravergine di oliva
sale

Procedimento

Tritate l'aglio con il prezzemolo e il peperoncino e, separatamente, le olive e i capperi. Grattugiate il pane grossolanamente, fatelo dorare in una padella con 4 cucchiai di olio, trasferitelo su un piatto e tenetelo da parte. Versate in padella altri 3 cucchiai di olio, unite il trito aromatico e fatelo soffriggere leggermente. Aggiungete il trito di olive e capperi, lasciate insaporire per un paio di minuti mescolando e poi mettete di nuovo in padella le briciole di pane fritto tenute da parte. Lessate la pasta in acqua bollente salata, scolatela al dente e fatela saltare per qualche istante nella padella con il condimento. Servitela subito, caldissima, accompagnandola, se vi piace, con scaglie di pecorino.

giovedì 6 agosto 2009

Mens sana in corpore sano


Peperoni ripieni, inserito originariamente da la tartina.

I tioli sono composti organici molto simili agli alcoli, in cui il prefisso tio, che deriva dal greco, indica la presenza di almeno uno zolfo. Questi composti sono i responsabili dell'odoraccio delle uova marce, delle acque putride e delle moffette. Non c'è da meravigliarsi, quindi, se le solfatare di Pozzuoli puzzano terribilmente e se si è creduto - alcuni anche oggi, che Dante avesse collocato l'ingresso del suo Inferno proprio lì al tempo della Divina Commedia; o se una citazione che viene fatta risalire a papa Paolo VI è proprio "Sento puzza di zolfo!"; o, infine, se le acque termali lasciano quell'odorino che porta automaticamente sotto la doccia con litri e litri di bagnoschiuma e shampoo profumati. Però, puzzo a parte, che belle le terme. Approfittando di questa leggerissima frescura che è arrivata in questi giorni e che è già stata soppiantata nuovamente dal caldo atroce, ieri mattina le terme dell'Antica Querciolaia hanno ospitato la mia pelle da esfoliare ed il mio inesauribile bisogno di relax. Le terme sono, secondo me, qualcosa di magico. Quelle acque che sgorgano naturalmente, hanno moltissimi effetti benefici. Vasche di ogni tipo, con acqua ad ogni temperatura e intensità, e quella brezza fresca che ti fa rabbrividire quando esci dall'acqua, corrispondono alla mia idea di quiete assoluta. Prendersi cura del corpo equivale, infatti, anche a rivolgere attenzioni alla mente. Liberarsi di ogni pensiero e/o problema spatasciandosi in una vasca dall'acqua sulfurea, fa bene a spirito e corpo. La campagna toscana che si distende placida intorno alle terme, contribuisce a mio parere a rendere l'esperienza ancora più rilassante. E dire che io le terme le ho scoperte l'anno scorso! E anche se non ho molto bisogno di getti d'acqua calda che rassodino le lombarelle, ammetto che, uscita di lì, ti senti più soda e più tonica (in realtà è difficile da dire se è veramente questo l'effetto sortito o è solo un'assurda convinzione che si instilla nella mente a forza di dépliant, di accappatoi candidi e morbidi, di servizi impeccabili). Non a caso, anche i nostri predecessori latini si concedevano tali trattamenti, sfruttando ciò che la natura offriva loro spontaneamente, per una volta senza interferire o modificare con la mano dell'uomo, talvolta troppo pesante; e sempre non a caso, le maliarde americane, si concedono lussuose vacanze nelle famose Spa, dove trascorrono il loro inutile tempo a farsi massaggiare con oli al cocco e a farsi rassodare da Jacuzzi ultimo modello. Comunque sia, le terme non sono una perdita di tempo: dopo ti senti rigenerato e stanco certo, ma sicuramente più energico e come... nuovo. Le acque termali spazzano via le cellule morte dell'epitelio e apportano grandi benefici alle mucose. Sono, insomma, altamente benefiche per l'organismo. Senza apparire superficiali, non possiamo pensare che sia la sola mente ad essere ricoperta di attenzioni (tralasciamo per un momento il buon Giacomo Leopardi, gobbo e di costituzione esile, con propensione alla malattia che, sebbene non facesse sicuramente quella grande attività fisica, aveva una testa niente male), trascurando il corpo. Provate a studiare la teoria del relativismo, a leggere "Dei delitti e delle pene", a risolvere il teorema di Fermat - rigorosamente in sequenza, senza mettere naso fuori di casa o stando seduti tutto il giorno. Vedrete che è letteralmente impossibile. Per alimentare la mente è necessario, in primo luogo, coccolare un po' il corpo. Che sia con una passeggiata, che sia con una corsetta leggera o con un po' di nuoto, se il corpo riceve attenzioni, la mente sarà più portata ad aprirsi e a funzionare come si deve. Che sia con una mattinata alle terme, cosa che vi consiglio caldamente.

Oggi vi posto una ricetta top dell'estate in casa tartina, ideata direttamente da mia mamma. La ricetta, col passa-parola, sta già facendo il giro della provincia; col post, sto ambendo a conquistare tutta la penisola.

Friggitelli ripieni

Ingredienti per 4 persone

20 friggitelli
2 zucchine piccole (per mantenere il ripieno morbido e leggero)
4 etti carne magra di vitello macinata
1 uovo
20 g parmigiano grattugiato
3 cucchiai di pangrattato
1 mazzetto di prezzemolo
noce moscata
sale
olio extravergine di oliva

Procedimento

Con una forchetta sbattere l'uovo; unire, sempre sbattendo, la carne macinata, il parmigiano, il prezzemolo tritato fine e le zucchine tritate a pezzetti piccolissimi. Salare a piacimento. Pulire i friggitelli (peperoni verdi) tagliando la parte del picciolo e togliendo per bene i semi. Farcirli col ripieno spingendo dentro l'impasto e aiutandosi con l'indice; passare l'estremità scoperta di ripieno nel pangrattato. In una padella a fondo largo (32 cm ca.) mettere dell'olio extravergine di oliva, disporre i peperoni e cuocere a fuoco medio per 20 minuti circa col coperchio. Per una cottura omogenea, ricordarsi di girarli ogni tanto.
Mia mamma si premura di ricordarmi che possono essere cotti anche in forno e, una volta preparati, possono essere conservati in frigorifero per due giorni al massimo.

lunedì 3 agosto 2009

Di pettine in forbice


Farfalle con zucchine e ricotta, inserito originariamente da la tartina.

Dicono che se ti tagli i capelli, significa che vuoi dare una svolta alla tua vita, cambiarla radicalmente, iniziando da un particolare estetico, che richiami subito l'attenzione. Quindi cambiamento di look equivale a cambiamento di vita. Ovviamente penso che, chi ha elaborato la suddetta teoria, non si riferisca ad una spuntatina per eliminare le doppie punte, e neanche ad una sistematina al ciuffo. Bensì ad un taglio importante, che riduca di una buona dose di centimetri la chioma, o di una tinta particolare che faccia passare una bionda dalla parte delle more e viceversa. Essendo praticamente costretta, da una parte perché ero piccola, dall'altra perché onestamente non mi importava granché della cosa, fino ai 9 anni ho portato i capelli corti, prima a caschetto, poi purtroppo a maschiaccio. La parrucchiera da cui andavo prima, una svizzera che lavorava con la nuora e da cui potevi tranquillamente perdere un pomeriggio intero, evidentemente quella volta non si accorse di stare esagerando (quando poi la senilità la portava ad infilarmi tranquillamente le dita negli occhi senza neanche se ne accorgesse, io e mia madre abbiamo deciso di cambiare). Tutti sappiamo che le parrucchiere sono più contente di tagliare, hanno un po' una mania. Con le forbici in mano sembrano non vedano l'ora di sfoltire i capelli delle clienti. Dalla parrucchiera se dici "vorrei una spuntatina", devi mettere in conto che 5 cm buoni cadranno sul pavimento del negozio. Ma quella volta fu veramente eccessiva: per farvi capire la situazione, mi fu affibbiato da una simpatica bambina che viveva nel circondario l'appellativo di Giulio (tra l'altro lei aveva poco da parlare, con due fondi di bottiglia per occhiali e una decisa propensione all'antipatia). Traumatizzata da un'infanzia di tagli, mentre le altre bambine sfoggiavano lunghe chiome che arrivavano al sedere, infarcite di passate e mollette, decisi in quinta elementare che era arrivato anche il mio turno. Cominciai a farmi crescere i capelli e, quando raggiunsero una lunghezza decente per permettermi di farlo, a raccoglierli in una disordinata coda con tanto di ciuffi sparsi che abbinavo alle tute in acetato Adidas per un look da casalinga sciatta con cui però mi sentivo a mio agio. Alle scuole medie ho abbandonato laccetti e forcine: i miei capelli ricadevano flosci come una marmotta morta sulle spalle, senza arte né parte. Questa allure da Madonnina infilzata alquanto deprimente, è andato avanti fino alla quarta ginnasio. I primi due anni di liceo ho modernizzato il tutto con ciuffi, frange, look spettinati e volume, a periodi alterni. Ci fu anche il periodo delle pinze-gioiello che acquistavo ai banchini della fiera: tanto belle quanto pesanti. L'acconciatura durava una cinquantina di secondi, poi i capelli, ancor più se appena lavati, ricadevano miseramente portandosi dietro la pinza, che cominciava a penzolare incurante dell'orrido effetto estetico provocato. Verso la prima liceo ci fu davvero la Svolta. Iniziai a tagliare i miei capelli gradualmente, sempre di più, fino a ritornare alle mie origini: il caschetto. Tornati di moda gli anni '60, e arrivata sulla scena delle top la bella Agyness Deyn coi suoi capelli cortissimi platinati, era il taglio con cui mi sentivo pronta ad andare avanti con la mia vita. Dal caschetto à la bohemiénne sono passata a tagli spettinati decisamente più corti. Questo per ben quattro anni; poi, al maggio di quest'anno, una nuova Svolta. In realtà ancora non ho la benché minima idea di cosa fare dei miei capelli, che stanno crescendo incolti, permettendomi di superare un po' meglio l'arsura estiva con code e chignon. Per me, abituata ad andare dalla parrucchiera almeno una volta al mese, è quasi un record non andarci da un po'. L'altro giorno sono arrivata addirittura a tagliarmi il ciuffo-frangia (ho sempre chiesto un ciuffo, mi sono sempre ritrovata con una frangia) da sola, non ci vedevo più! In realtà non mi manca minimamente, ora come ora, quel luogo infestato da pettegole, donne sotto caschi per la permanente o con le mani tra i tuoi capelli che parlano, parlano e parlano e si impicciano della tua vita. Non voglio scadere in luoghi comuni, ma la tipologia delle parrucchiere è quasi sempre rispettata a regola d'arte, come se fossero fatte con lo stampino. Io appartengo alle more; a quelle dai capelli liscissimi, che se li piastrano comunque giustoperchésì; a quelle che non si sono mai tinte in vita loro i capelli, neanche al tempo della moda delle mèches bionde, striature orribili color polenta che comparivano su tante teste; a quelle che non hanno mai provato l'ebbrezza di attaccarsi alla cute capelli altrui ricorrendo alle extensions. I capelli possono creare dei veri e propri complessi: pensate alla maggior parte degli uomini di mezza età a cui i capelli cadono inesorabilmente, creando una chierica a frate francescano sul cucuzzolo. Non tutti possono ricorrere ai trapianti, e la "Crescina" non sembra funzionare un granché. Ammiro invece le donne che decidono di tenersi i capelli bianchi, rispettando il ciclo della natura e non per questo apparendo meno belle e vere, anzi. Io non so cosa farò quando spunterà il primo capello bianco (ancora ho un margine di tempo considerevole, o almeno spero), ma in realtà non so neanche che taglio prenderanno da qui ad un mese. Adesso ho una media lunghezza, quella bastarda che ti batte sulle spalle prendendo pieghe inaspettatamente ridicole. Cosa ne sarà dei miei capelli ancora non lo so dire con certezza, ma rifacendomi alla teoria sopracitata, mi piace credere che rispecchi una certa indecisione sul mio futuro. Probabilmente, quando qualcosa mi sarà più chiaro, opterò per un taglio scalato o - che so, una chioma fluente da Barbie Raperonzolo.

La pasta che vi propongo oggi è un originale rifacimento di zucchine e ricotta, accompagnata da una specie di vinaigrette. La ricetta è tratta da Sale&Pepe di agosto.

Farfalle con zucchine e ricotta

Ingredienti per 6 persone

400 g di pasta formato farfalle
6 zucchine
200 g ricotta
60 g parmigiano reggiano a scaglie
uno spicchio d'aglio
un ciuffo di prezzemolo
un mazzetto di basilico
4 cucchiai di aceto bianco
olio
sale, pepe

Procedimento

Lavate le zucchine, tagliatene metà a rondelle e il resto a dadini. Lavate le erbe aromatiche, poi tritate le foglie di prezzemolo e spezzettate quelle di basilico. Scaldate 3 cucchiai d'olio in una padella antiaderente con l'aglio pestato, unite tutte le zucchine e saltatele per pochi minuti. Salate, pepate e profumate con il prezzemolo tritato, poi mescolate, bagnate con 2 cucchiai di aceto e lasciate evaporare. Lessate la pasta al dente. Intanto emulsionate altri 2 cucchiai di aceto con 4 d'olio, un pizzico di sale e una macinata di pepe. Condite la pasta in una ciotola con l'emulsione, le zucchine e la ricotta sbriciolata. Ultimate con il basilico spezzettato, il parmigiano a scaglie.